A Monfalcone tra bora, pompe e stralli rotti 1 di 2 |

Alla Societa’ Vela Oscar Cosulich di Monfalcone si respira un’aria particolare, i pontili sono vecchiotti, l’erba delle aiuole non e’ curata a prato inglese, la club house sembra un’osteria di campagna, i bagni e le docce sembrano quelli del campo di calcio dove andavo a giocare quando ero bambino. L’atmosfera e’ da societa’ sportiva, si respira aria di vela per passione.

Girando per la darsena si ha l’impressione di visitare un museo della cantieristica in acqua… ma dal vecchissimo catboat col palo in legno al tiratissimo e affilatissimo J80 non c’e’ un’opera viva che non sia linda, fresca di carena. Su qualche barca l’attrezzatura di coperta soffre vistosamente il peso degli anni ma non c’e’ una carena con le cozze neanche a cercarla con il lanternino.

Entrando nell’osteria club house svetta maestoso l’albo d’oro: Pelaschier Adelchi, Pelaschier Hannibal, Pelaschier Mauro, Morin, Michel, Spanghero Livio, Spanghero Luisa, Nevierov Alessandro e Larissa. A partire dagli anni ’40 e giu’ giu’ fino al ’98 una sfilza interminabile di titoli.

E’ qui che ho avuto il piacere e l’onore di tornare a regatare sabato 22 e domenica 23.

All’arrivo le condizioni si presentano gia’ piuttosto interessanti, il vento e’ a scirocco, e’ forte e tende a rinforzare ancora di piu’, da quanto ho capito sabato abbiamo regatato con almeno venti nodi, il cielo e’ coperto. Dopo Chioggia 2 settimane fa non e’ piu’ la mia prima volta in queste condizioni quindi niente piu’ mano spellata, vesciche e unghie sanguinanti, cerata blindata fin sulle orecchie.
Se non si riesce a cazzare qualcosa, orzatona, cazzatona e ripoggia.

Sulle vele, smagrire tutto lo “smagribile” e paterazzo a ferro per svergolare tutto lo “svergolabile”.

Si arma la barca e si esce, la giuria ha fretta, temono che il vento aumenti ancora e che si formi l’onda, condizioni che non sanno se siamo in grado di gestire. Sono molto preoccupati.

Il percorso e’ un 1-2-3 1-2-3 traversino di arrivo. Le barche in regata sono 13.

Parte la prima prima prova, sono il primo sul lato destro, libero dai rifiuti ed esattamente sullo sparo, un’ottima partenza. La barca va bene, le sartie sono state ben regolate rispetto a Chioggia. Faccio la mia onesta bolina e arrivo alla boa con piu’ barche dietro di quante ne abbia davanti… CHEBELLO!!!

L’onda e’ corta e si imbarca tanta acqua, fatto il traversino di disimpegno sparo fuori il tangone per la poppa e inizio a pompare fuori acqua, il perno della leva inizia a dare di segni cedimento (a benon!). Giro la boa faccio il lato di bolina e quando mi rimetto in poppa e inizio a pompare… il perno cede del tutto (A BENON!!!). Un po’ perche’ armeggio con la pompa, un po’ per mia strana mania di perdermi a fare turismo per il campo di regata arrivo ottavo. Per i miei standard e’ comunque un buon risultato.

Ho le palle in ammollo e sono demotivato perche’ c’e’ sempre qualcosa che non va. La pompa e’ inutilizzabile, sono indeciso se fare la seconda prova o ritirarmi. Il comitato ha fretta e fa partire quasi subito i 5 minuti, massidai… ce provo.

Faccio la seconda prova piu’ col pensiero all’acqua in pozzetto che al campo di regata, arrivo decimo, l’acqua e’ alla cintura, le drizze e la cima di rimorchio galleggiano sinistramente quasi all’altezza della barra del timone. Tento di sgottare con una bottiglia dell’acqua tagliata ma non funzia, rientro, troppo rischioso affrontare un’altra prova in quelle condizioni.

Mentre guadagno la via del porto, nella lagunetta di fronte alla Fincantieri, dei ragazzi bordeggiano con un Piviere e con due mani di terzaroli alla randa… Penso a Beppe e alla sua definizione sulla scimmia della vela che ti porta a navigare con qualsiasi mezzo e condizioni meteo.

(continua)

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